giovedì 23 giugno 2016

Paolo Ermini e il giardino di Oriana Fallaci



Un certo Paolo Ermini viene lautamente retribuito per fare il capogazzettiere del "Corriere Fiorentino".
Il "Corriere Fiorentino" a sua volta fa l'edizione locale del "Corriere della Sera", famoso tra le gazzette per la sua autoattribuita obiettività, per la sua autoattribuita serietà, per la sua autoattribuita autorevolezza. La propaganda "occidentalista" tiene moltissimo all'autoattribuita etichetta di "libera informazione" e questo per i nostri lettori è un concetto scontato.
Fare il capogazzettiere pare consista nel tirar sera producendo a scadenze più o meno fisse qualche riga piagnucolosa su temi il più possibile scollegati dal reale. A meno che la committenza non dia delle consegne precise. Un esempio di quanto succede in questi casi lo ha riportato recentemente Miguel Martinez; nel giugno 2016 si sono tenute delle consultazioni amministrative che nella zona di Firenze si sono tradotte in un'ampia disconferma del governo in carica. Il boiscàut di Rignano che ne presiederebbe le sorti si è trovato a constatare de visu che mutuare programma e pratica politica dai sedicenti avversari e trescare a scena aperta con i polipregiudicati che li rappresentano sul territorio (fidando nella certezza che i sudditi si bevano comunque tutto) va bene fino ad un certo punto.
In questa situazione una volta fatto l'interesse di chi comanda davvero gli scampoli di "occidentalismo" ancora in condizioni di cianciare trattano stolidamente temi che da un pezzo hanno smesso di essere remunerativi sul piano elettorale, e che a Firenze molto più che altrove non sono serviti ad altro che a tirare loro addosso la sorridente sufficienza del pubblico.
Uno di questi temi è la cura del ritratto agiografico di Oriana Fallaci.
Oriana Fallaci è un individuo che da vivo ha fatto quanto in suo potere per essere tollerato con fastidio, e che da morto non c'è più neppure bisogno di tollerare con fastidio. Il particolarissimo e già ricordato rapporto con la realtà che accomuna i ben vestiti della politica istituzionale e i ben vestiti che scribacchiano sulle gazzettine fa sì che in quella che non troppo tempo fa si piccava di essere la sesta o la quinta potenza industriale del mondo le due categorie giustifichino il proprio reddito sfornando inezie, fanfaluche, castronerie e storielle praticamente a getto continuo: le presunte virtù profetiche di una che ad un passo dalla morte pensava a quelli che si picchiano al pallonaio e la necessità (che si postula ineludibile) di perpetuarne la memoria sono uno di questi temi ricorrenti. In pratica funziona così: in media un paio di volte l'anno un ben vestito che ricopre una carica elettiva viene imbeccato da un ben vestito che "lavora" in una gazzetta, e a sua volta gli promette a breve qualche interessante variazione toponomastica.
Nel corso degli anni gli "occidentalisti" hanno visto gratificare le loro figure di riferimento con guiderdoni da barzelletta: rampe autostradali, vicoli ciechi, parcheggi infarciti di cassonetti, slarghi lordati da scritte a spray e via di questo passo; le perorazioni a favore dei casi più imbarazzanti sono state di solito messe a tacere.
In una situazione come questa non sarebbe affatto fuori luogo che ad Oriana Fallaci venisse appropriatamente intestata la via che conduce ad un immondezzaio; l'iniziativa ci troverebbe, e non certo da oggi, completamente d'accordo.
Qualcuno deve aver tratto le stesse conclusioni, e deve aver suggerito ai peroratori di questa causa di limitare i possibili danni dedicando alla "scrittrice" un giardino. Si eviterebbe anche il sicuro deprezzamento che una "via Oriana Fallaci" procurerebbe agli immobili che vi sorgono: ad orecchio "occidentalista" non esiste motivazione più concreta di questa, di solito accampata con generosità nei confronti di centri sociali ed occupazioni in genere.
Paolo Ermini non ha gradito e ha benedetto la sorte che nel giro di pochi mesi gli ha consentito di tornare un'altra volta sulla questione: mandare qualche galoppino a tenere il conto di scritte sui muri e deiezioni sulle cantonate per mantenere il salutare clima d'insihurezzeddegràdo che in questa sede dileggiamo da sempre è affare di due minuti: per arrivare a sera ci vuole ben altro. Di qui un editoriale di sei righe, a nostro avviso degno di considerazioni sprezzanti periodo per periodo, frase per frase, vocabolo per vocabolo a partire dal titolo.
Molti degli spunti per le considerazioni qui espresse vengono dalla limitata antologia aneddotica da noi raccolta; rimandiamo subito ad essa i lettori, nel caso non abbiano ben chiaro di cosa stiamo parlando, per non appesantire di richiami il rimanente del testo.


Giardino Fallaci? Rinunciateci
Ma per carità, signor Ermini. Nessunissimo problema.
Palazzo Vecchio pensa di intitolare alla giornalista scrittrice lo spazio verde della Fortezza da Basso. Ecco perché sarebbe un errore.
I motivi sarebbero molti: tra i primi che ci vengono in mente il fatto che zanzare, processionarie, ortiche, rovi ed altre commendevoli creature use agli spazi verdi non hanno commesso nulla che imponga di stigmatizzarle in questo modo.
Pensate a un giardino: il verde, le panchine, il ghiaino, la vasca dei cigni. Chiacchierate per passare un po’ il tempo. Ecco, tutto questo vi fa venire in mente Oriana Fallaci?
Ovviamente no: nulla di quanto è rilassato, costruttivo, piacevole o semplicemente umano può far venire in mente un elemento del genere.
Eppure da Palazzo Vecchio insistono. Come ha ripetuto sabato scorso l’assessore allo sport Andrea Vannucci, i nostri amministratori intendono dedicarle proprio un giardino.
Ad ogni domanda la sua risposta. Se si vogliono evitare risposte spiacevoli si possono evitare le domande. Anche perché se fossimo stati nei panni del signor Vannucci avremmo da molto tempo fornito ad ogni postulante in tema una risposta definitiva e di facile interpretazione.
Importante come quello della Fortezza, ma pur sempre un giardino.
Esatto. E pare proprio cara grazia.
Il verde, il ghiaino, la vasca dei cigni. Qualche ora di relax.
Proprio vero. Il verde, il ghiaino, la vasca dei cigni che per le persone normali in una società normale significano qualche ora di relax. Per le persone normali in una società normale, si ripete.
Esattamente l’immaginario della più grande giornalista italiana.
Nessun dubbio che l'immaginario distopico di quell'individuo presentasse tutt'altri contenuti. Sul "più grande" e i due vocaboli che seguono non si può che citare il Signor G.: due miserie in un corpo solo.
Che si è sbattuta una vita, dall’inizio alla fine, per vedere la sua memoria conservata tra i pesci rossi.
Il concetto di sbattimento di molti gazzettieri non ha nulla a che vedere con la realtà e con la vita quotidiana delle persone serie, che non si dedicano a tempo pieno ad angariare personale domestico o alberghiero e in generale chiunque reputano inferiore a loro. In ogni caso è realistico supporre che al signor Ermini non toccheranno neppure i pesci rossi. Se ne stia pur tranquillo dunque, ed eviti pure di sbattersi.
La Fallaci era impeto, dedizione.
Quel che è giusto è giusto: nessuno nega che nel calpestare il prossimo Oriana Fallaci profondesse impetuosa dedizione.
Libertà delle idee.
Più correttamente libertà di invettiva e libertà di insulto. Nulla di strano: le idee, per gli "occidentalisti", sono soltanto questo.
Battaglie.
Volare di stracci.
Lei era agorà. Piazza.
Lei era skàta.
Il signor Ermini si picca di conoscere il greco e non avrà problemi con la traduzione.
Lei, con il suo coraggio (e forse anche con una buona dose di incoscienza) all’opera su ogni fronte di guerra. Dal Vietnam al Medio Oriente.
Le guerre se le è andate a cercare e vista la perenne conflittualità che dicono la caratterizzasse -il tipo di persona che riesce a rimanere antipatica anche salutando al mattino, ammesso e non concesso che si degni di salutare- anche in questo non ci sarebbe nulla di notevole. 
Lei, a tu per tu con tutti i potenti del mondo, da Kissinger ad Arafat.
I quali potenti del mondo da Kissinger ad Arafat, vista la sinecura dei loro ruoli, vivevano risaputamente nell'ansia e nell'attesa dell'incontro con "la più grande", cercando disperatamente di non sfigurare. Ma per favore.
Una nemica feroce di ogni dittatore. O dei falsi democratici.
Visto che chi fosse o meno un dittatore o un falso democratico era lei a deciderlo, tutto si gioca nell'ambiente egoriferito della "scrittrice".
Lei, sangue e merda, come diceva della politica Rino Formica.
Questa è senz'altro una considerazione interessante: alla prima occasione Paolo Ermini faccia scrivere all'ufficio toponomastica e chieda se è prevista la dedica di una pubblica via alle suddette materie organiche. In fondo, rispetto all'idea di una dedica ad Oriana Fallaci si tratterebbe di modifiche assolutamente trascurabili.
Il profilo tradito di Oriana la fiorentina - E perché mai Firenze dovrebbe tradirne il profilo?
E perché mai un individuo che ha trascorso anni a inveire e a minacciare -a volte in modo tanto colorito quanto ridicolo- chiunque gli rimanesse antipatico dovrebbe aspirare a qualcosa di più di una gelida indifferenza scostante, prima e dopo la morte?
Firenze e la Toscana erano la sua cultura, la sua radice più forte, la sua identità, anche se ormai viveva i suoi giorni lontano da qui (a New York). Ma senza mai dimenticare la sua terra, la sua città.
Naturalmente la verità è opposta. Costei abbandonò sdegnata una città e una terra colpevoli di non tributare al suo ego i riconoscimenti continui cui credeva di aver diritto.
Secondo un assennato ed equilibrato punto di vista, Oriana Fallaci era l'equivalente mediatico della tizia che per andare a fare spese in qualche negozio costoso lascia l'auto in doppia fila sbarrando il passo alle ambulanze, e che quando torna pretende anche di avere ragione.
Per tutto questo si era scagliata contro la tenda dei somali che nel 2000 avevano ridotto a latrina piazza San Giovanni.
No. Oriana Fallaci espresse nero su bianco l'intenzione di dare ad essa fuoco. Con gli occupanti dentro, si presume. Quindi, Paolo Ermini pretenderebbe venisse dedicata una strada ad una straricca viziata che si comportava come si comporta una qualsiasi spaghettifresser di terza media quando usa il Libro dei Ceffi per fare il bullo di quartiere.
Per tutto questo si era scatenata contro l’idea di organizzare qui il Social Forum nel 2002: temeva che dopo le tragiche giornate di Genova i black bloc devastassero il centro, sfregiandone i capolavori.
Chiunque non fosse un mangiaspaghetti o un Paolo Ermini sapeva che un conto era il Social Forum, un'altra e del tutto diversa questione era la parata di potenti che l'anno prima aveva sporcato la città di Genova per mettere a punto le proprie nefandezze. All'epoca la feccia "occidentalista" era impegnata in blocco nella distruzione del dissenso, e circolarono le voci più spassose dalla decapitazione del David di Michelangiolo alla devastazione degli Uffizi.
Scattò la mobilitazione della sinistra e dei sindacati che (saggiamente) riuscirono a fare della manifestazione una festa popolare, salvo poi additare la Fallaci come una visionaria.
In quei giorni, che furono forse i più esaltanti della vita di chi scrive, della mobilitazione di questo o di quello non si accorse  nessuno. Da una parte c'era un aggregato di ben vestiti, dall'altra la parte seria e consapevole del popolo. Di tempo da perdere dietro alle sigle non ce n'era, così come tra i non molti titoli di cui fu gratificata Oriana Fallaci -le cui mosse erano attese dai più come si attendono quelle del protagonista di un film comico- ve ne erano di assai più repellenti, ma non certo quello di visionaria.
Ma aveva ragione lei.
No, Ermini.
Non aveva ragione lei.
Non aveva mai ragione lei.
E con questo chiuso il discorso.
I pazzi, semmai, furono tutti quelli che pur di non tornare sulle decisioni prese preferirono assistere all’ingabbiamento delle statue di piazza Signoria.
Paolo Ermini divulga una versione degli eventi che non ha alcun rapporto con il reale, il che  è prassi ordinaria per gli "occidentalisti" in ogni campo della vita associata.  Il clima di terrore montato dalla feccia politicante e della marmaglia gazzettiera fu tale che l'amministrazione comunale non poté che assecondare le pretese meno mestruali di qualcuno di questi indossatori di cravatte. La più alta autorità governativa locale dovette addirittura bruciare benzina per portare Oriana Fallaci in giro per la città, a mostrarle come non fosse affatto in corso alcun tentativo di demolirne gli edifici monumentali.
Dal Social Forum di Firenze l'"occidentalismo" politico fiorentino uscì letteralmente con le ossa fracassate e piombò in un ridicolo che a distanza di quindici anni tiene ancora allegri i veri protagonisti di quelle giornate. Vale solo la pena ricordare che un certo Paolo Soderi, che  aveva sporcato per settimane le gazzette con le sue visioni di distruzione imminente e che aveva solertemente caldeggiato la blindatura degli esercizi commerciali lungo le vie del corteo (almeno tre giorni di vendite perse) dopo qualche anno venne scaraventato in galera come un pizzamafia qualunque, e non certo per aver cercato di fare la rivoluzione.
 La fine in città - Poco meno di dieci anni fa Oriana Fallaci decise di tornare a Firenze per morirci.
E logicamente nessuno se ne accorse. Figuriamoci dispiacersene. 
 Una scelta d’amore, che lasciava da parte ogni recriminazione per un rapporto contrastato.
Tradotto nel linguaggio delle persone serie, significa che non aveva più neppure il fiato di inveire. Non di rapporto contrastato si deve parlare, ma di autentico e sincero disprezzo. Entro una certa misura, ognuno ha quello che si merita.
Ora però non fatela morire una seconda volta.
Tranquillo, Ermini. A nessuno importa niente.
Se non trovate uno spazio decente da dedicarle lasciate perdere. Lasciate la Fortezza alla comunità di stranieri che avete spostato lì per liberare piazza Indipendenza, avvilita in un degrado che sicuramente l’avrebbe fatta infuriare.
Ecco dove stava la questione fondamentale: i'ddegràdo, a braccetto coll'insihurézza! Va notato anche il ripetuto ricorso da parte di Paolo Ermini ad espressioni scatologiche e riferimenti alle deiezioni umane. Nulla di strano, la loro puntigliosa trattazione è parte sostanziale della linea editoriale della gazzetta in cui "lavora", e nessuno ha dubbi sul fatto che la visione del mondo degli "occidentalisti" sia con ogni evidenza dominata da ambienti e panorami davvero poco invitanti.
Per ricordarla ci sarà pur sempre un angolo della coscienza di chi l’ha apprezzata. 
E allora il signor Ermini veda di accontentarsene, e di trovare qualche altro pretesto per arrivare alla fine delle sue giornate "lavorative".

Nella foto in alto c'è un giardino abbastanza particolare; in esso, Oriana Fallaci ha trovato una collocazione definitiva e fin troppo appariscente.
Sulla lapide la "scrittrice" viene definita ricorrendo alla declinazione maschile.
Senza virgolette.



2 commenti:

  1. Chi e' un sostenitore conclamato della cultura persiana non puo' essere un giudice imparziale del valore di Orianna Fallaci "Per la contraddizion che nol consente" direbbe il sommo poeta anch'esso patrimonio della cultura toscana.

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  2. L'unico che quella nevrotica egoista non è riuscita a far incazzare era Terzani. Fa piacere qui ricordare i due modi con cui Tiziano e Oriana hanno affrontato il comune e mortale nemico: il cancro. Il primo dispensando memoria, sorrisi e una gentile ironia; la seconda stando sul cazzo anche a medici che avevano il pelo sullo stomaco da quanto disagio avessero visto in vita professionale. Rabbiosa è la qualifica che persino il suo oncologo le attribuì nelle ultime fasi di malattia (fonte: http://cinema.excite.it/morte-oriana-fallaci-parla-loncologo-che-lha-N93548.html)

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