venerdì 30 ottobre 2009

Aldo Milone, l'elogio della delazione e l'uso dell'esercito


Prato, ottobre 2009.
Alcuni camper in sosta. Un oltraggio per la
sihurezza, un incremento a i'ddegrado.

Di Aldo Milone abbiamo già avuto modo di parlare tempo fa, commentando una sua asserzione riportata da "La Nazione", inqualificabile gazzetta toscana a troppo ampia diffusione e a troppo lunga vita e sua socia nella Prào Sihurezzatex S.p.A.
Come molti dei nostri lettori sanno, Aldo Milone è assessore alla guerra preventiva e alla democrazia da esportazione alla sihurezza in quel di Prato, città il cui impressionante e rapidissimo declino economico e civile è ormai noto a livello continentale. Dopo sessanta e passa anni di giunte comunali sedicenti rosse, il continuo battage gazzettiero privo di qualunque contraddittorio è riuscito a caricare oltremisura le tinte di una realtà sicuramente poco incoraggiante, presentandola ad arte in modo che le responsabilità di uno stato di cose prevedibile e previsto, prodotto della amplissima condivisione autoctona di comportamenti da altri efficacemente descritti, fosse fatto ricadere dal corpo elettorale su una serie di ben costruiti capri espiatori.
La Prato libera e sihura è diventata terreno d'azione per l'"occidentalismo" più pedestre e repellente, in cui fa la sua parte anche una Lega Nord che, a Prato come altrove, appena conquistata la dose di poltroncine cui aspirava ha fatto svaporare le cacce al terrone e la secessione rivoluzionaria. Per un politicante "occidentalista" e per i suoi lacché non esiste cosa peggiore che non corrispondere all'agghiacciante cliché per il quale sono i politicanti stessi a decidere le regole. Nell'ottobre 2009 il Nemico del Giorno è rappresentato da un gruppo di camperisti colpevoli di usare i camper come camper ed i parcheggi pubblici come parcheggi pubblici.
Fine della non-questione, in un contesto sociale e politico meno forsennato ed ebete del presente.
Un giornale on line specializzato in vicende di Prato e provincia ha invece dato la non-notizia avvalendosi della foto scattata da un suo lettore, di cui viene lodato l'intento delatorio; una lode ripetuta poi da Milone stesso in un altro articolo in cui l'assessore offre uno spettacolo penoso come quello di un carnefice rimasto troppo presto senza vittime. Secondo Aldo Milone, “Purtroppo questo dei camper è un problema che con le normative attuali è difficile da risolvere. Si tratta, infatti, di cittadini italiani, alcuni addirittura con la residenza a Prato. L’unica azione efficace che possiamo fare è quella di stargli con il fiato sul collo, in modo da convincerli a cambiare aria. Per questo sono molto utili le segnalazioni che arrivano dai cittadini, che sono i primi sensori della sicurezza e della legalità sul territorio”.
Traduzione: "Purtroppo lo stato che occupa la penisola italiana non ha ancora legiferato acciocché i valori del Bello, del Buono e del Vero da noi incarnati possano affermarsi schiacciando poveri, brutte facce e non conformi di ogni sorta appena osano palesarsi all'orizzonte. Guardate come siamo ridotti: questo gruppo con i camper lo abbiamo letteralmente passato al pettine fitto e non abbiamo trovato alcunché da contestargli: non erano nemmeno cinesi o mussurmani. Però siccome ci stanno antipatici per partito preso, mi raccomando, o sudditi: sotto con le macchine fotografiche e avanti tutta con le delazioni".
La pratica delatoria non ha portato molta fortuna al piddì con la elle fiorentino: la sede di piazza Pier Vettori che l'aveva promossa durante l'ultima campagna elettorale ha chiuso bottega qualche settimana fa nell'indifferenza generale.
Qui, invece, è chiaro che la voglia era quella di mandargli un centinaio di tizi in mimetica con gli AR70 e le MG a spiegargli come si sta al mondo, ma stante quel malaugurato buco legislativo non se n'è potuto far di niente, mandando a farsi benedire tutti gli sforzi propagandistici fatti per pubblicizzare la salvifica presenza militare in quel di Prato.
Al mondo esistono comunque contesti più normali ed assennati, come quello rappresentato dalla Repubblica Bolivariana del Venezuela; a Caracas il presidente coltiva il proprio consenso non inventandosi un'emergenza al giorno di cui incolpare gli avversari poolitici, ma mettendo l'esercito a costruire case per i senzatetto. Se i politicanti che scaldano poltrone istituzionali nello stato che occupa la penisola italiana vogliono proprio utilizzare le sterminate e sostanzialmente inutili forze armate di cui dispongono, invece di prospettarne l'impiego contro i bersagli indicati dalle loro vomitevoli campagne elettorali, le mettano a svolgere compiti utili, tipo l'occuparsi di lavori fermi da decenni, autentica presa in giro del concetto stesso di opera pubblica. L'esempio più prossimo? I lavori per la terza corsia del tratto fiorentino dell'Autostrada del Sole vanno avanti da più di sei anni senza che si sia ancora arrivati a nulla; di questo passo entreranno nella leggenda, come la Salerno - Reggio Calabria.
I Milone, in altre parole, dovrebbero trarre insegnamento da realtà sociali più consapevoli e più degne, come quella di una Repubblica del Tagikistan in cui l'allargamento e l'asfaltatura della via che unisce Dušanbe alla regione del Pamir vengono condotti in modo non solo più rapido e da una forza lavoro commisurata all'opera da compiere, ma per quanto è dato constatare anche operando in modo più efficiente e più responsabile.
I Milone potrebbero proporre l'uso dei tanti, troppi e inutili militari in circolazione per effettuare i controlli aeroportuali, come si fa da sempre in realtà più concrete -a Tehran i pasdaran svolgono anche questo compito- levando di mezzo un po' di società private.
Che nello stato che occupa la penisola italiana esista qualcuno seriamente intenzionato ad occuparsi del pubblico interesse stracciando un po' di furti legalizzati e di prese di giro istituzionali sottoforma di gare d'appalto è, ovviamente, pura utopia. Si fa prima a rifarsela con chi non corrisponde a criteri estetici e di reddito sempre più fuori dalla realtà ogni giorno che passa; ci si vincono perfino le elezioni.

domenica 25 ottobre 2009

Massimo Primerano: un preside dal polso quasi fermo


"La Nazione" è una delle meno presentabili gazzette reperibili nelle edicole fiorentine; le occasioni che presta ogni giorno per accanirsi con ogni sorta di commento improntato a tutta la gamma di atteggiamenti che passa dalla sufficienza per finire all'aperto disprezzo sono praticamente almeno una per ogni trafiletto pubblicato.
L'edizione del 24 ottobre 2009 riserva un sacco di posto -perfino la locandina- al preside del Liceo Carcere Michelangiolo, sedicente forgia di una élite cittadina che ha smesso di essere tale da svariati decenni (ammesso che lo sia mai stata), visto che una volta fuori da lì si ritrova a battagliare con lavori schifosi, debiti, concorsi truccati, spazzatura politicante ed altre piacevolezze che soltanto una compiuta mercantilizzazione integrale dei rapporti sociali può gabellare per elitarie.
Durante un'occupazione su cui si sono accaniti più i gazzettieri che i "politici" -sorprendente l'assoluta assenza di una "destra" giovanile cui le prodezze dell'esecutivo peninsulare hanno probabilmente drenato il bacino di utenza potenziale- il Liceo Carcere Michelangiolo è stato amorevolmente passato da cima a fondo e ridotto purtuttavia in condizioni neanche lontanamente paragonabili a quelle che si meriterebbe. Va qui ricordato che una ventina d'anni fa il tetro ex convento di via della Colonna fu oggetto di un raid vandalico spassoso: i docenti più invisi ebbero ciascuno il suo bravo ritratto a vernice spray ed il preside di allora -un sulfureo mostriciattolo andreottiano- accusato senza mezzi termini di trascorrere il suo tempo in presidenza dedicandosi a pratiche poco confessabili. Le scritte, contrariamente a molte di quelle visibili oggi, non presentavano né tags da yankee obesi, né palesi errori di ortografia: al contrario, gli autori utilizzarono un registro linguistico di livello decisamente apprezzabile.
Bene: non contento di aver fatto trapelare in una precedente occasione la completa adesione ai "valori occidentali" che impronta il suo stile direttivo, Massimo Primerano ha pensato bene di confessare non soltanto la sua sostanziale impotenza invitando gli autori dei danneggiamenti ad "autodenunciarsi" (basterebbe questo per figurarseli sghignazzanti, com'è giusto che sia), ma anche e soprattutto la sua completa incomprensione di quanto successo.
La completa "occidentalizzazione" dei giovani sta avviandosi ad avere successo, producendo una massa afasica ed omologata cui sono autorizzati esclusivamente l'acquiescenza ed i comportamenti di consumo reputati desiderabili. Senza guide, senza prospettive, senz'altro orizzonte che un futuro alla giornata, la generazione che bussa alla porta è capace, e neppure sempre, soltanto di ribellioni da banlieue in cui predominano gli atti di distruzione fini a se stessi. Uno che di mestiere fa il "manager scolastico" o roba del genere, dovrebbe interiorizzare questo punto fermo, per arrivare al quale si è indefessamente lavorato per decenni, togliendo metodicamente la terra da sotto i piedi a chiunque fosse capace di incanalare in senso costruttivo dubbi, passioni, e fisicità.
Forse è il caso di chiedersi se lasciare che la marmaglia prostituta e giornalaia dei cui servigi Massimo Primerano si avvale tanto volentieri e tanto spesso tacciasse di terrorismo anche uno scambio di gavettoni a fine anno scolastico sia stata davvero una scelta costruttiva, tanto per cominciare.
Se poi i Primerano intendono proseguire sulla strada della blindatura di ogni condizione sociale verso la quale lo stato che occupa -non si sa bene a che titolo- la penisola italiana sta conducendo l'intera esistenza dei suoi sudditi con sempre più risibili e spregevoli scuse di "sicurezza", facciano pure: non vengano poi a stupirsi se da un paio di graffiti su un muro si passerà ad assistere a scene di quella violenza incontrollata e feroce a torto ritenuta esclusiva di altre latitudini.

sabato 24 ottobre 2009

Le elezioni presidenziali nella Repubblica Islamica dell'Iran: che fine hanno fatto i brogli?


La tendenza dei mass media "occidentali" a comportarsi come colossali fabbriche di menzogne, e al tempo stesso ad irridere ogni realtà meno allineata rovesciando su di essa la medesima accusa, non conosce più alcun serio limite, ammesso che un limite l'abbia mai avuto.
Nel corso degli ultimi anni gli organi di "informazione" sono andati rivestendo sempre di più l'esclusivo ruolo di sgherri per bassi servizi al soldo di questo o quel gruppo di potere; l'accesso alle nuove tecnologie di comunicazione da parte di milioni di individui ha inciso positivamente solo in parte, perché il mainstream ha la capacità -e l'interesse- di amplificare a sostegno delle proprie "tesi" (meglio sarebbe dire montature) qualunque fonte di informazione, senza alcun riguardo per l'aderenza al reale o meno di quanto essa va affermando.
Uno dei casi in cui questa prassi ha prodotto il peggio di sé è rappresentato dalle vicende che hanno accompagnato e seguito lo svolgimento delle elezioni presidenziali nella Repubblica Islamica dell'Iran, nel giugno del 2009. Lasciati praticamente da soli dai politici, anche da quelli di riferimento lobbystico, i mass media "occidentalisti" si sono inventati una "rivoluzione verde" che non c'era e che se ci fosse stata sarebbe somigliata maledettamente ad un'intromissione yankee negli affari interni di un paese sovrano, del tipo a cui la presidenza dell'ubriacone Bush ha fatto abitualmente ricorso per otto anni consecutivi fino a farla accettare come una prassi normale per la gestione degli affari esteri. Servendosi di rumours, di dicerie, di singoli bloggers di cui hanno statuito l'attendibilità senza alcun riscontro oggettivo, le gazzette e i bellimbusti della televisione hanno illustrato esclusivamente le asserzioni di una delle parti in causa, presentata senza alcun contraddittorio come l'unica degna di fede, ed hanno in sostanza assistito compiaciuti ad un macello, per arrivare al quale hanno soffiato sul fuoco senza ritegno alcuno.
Nell'ottobre 2009 Daniele Scalea pubblica per Eurasia un dettagliato rapporto di analisi sui risultati elettorali. Si tratta di un lavoro documentato e fittissimo di richiami a piè di pagina, opposto perfino nella presentazione al diluvio delle ciarle gazzettare, com'è indispensabile che sia qualunque lavoro che abbia pretesa di obiettività.
Se ne riporta la presentazione, rimandando chi fosse interessato al documento originale.
La sua lettura è ancora più interessante dacché a fronte di malfunzionamenti nella Repubblica Islamica dell'Iran che Daniele Scalea considera sostanzialmente fisiologici sono emerse, al contrario, manchevolezze nelle elezioni in Afghanistan pesanti a sufficienza da costringere l'elegantissimo Karzai al ballottaggio. Almeno la "democrazia da esportazione" certe defaillances dovrebbe lasciarle ai terroristi.

"Alcuni candidati sconfitti alle elezioni presidenziali iraniane hanno denunciato brogli sistematici che avrebbero rovesciato i reali risultati: questa tesi è stata accettata in maniera largamente acritica da gran parte dei media occidentali. In realtà, gli argomenti che la sostengono non sono solidi. Il vantaggio del candidato vincitore sul secondo classificato è enorme e non risultano prove di brogli massicci nei seggi. L'ipotesi che i risultati siano stati riscritti a tavolino in sede di conteggio centrale pare smentita dal riconteggio parziale dei voti. i risultati ufficiali sono verosimili e dunque credibili: essi sono in linea con quelli delle precedenti elezioni e con quanto previsto dai sondaggi. I sospetti avanzati si fondano per lo più su metodologie dubbie o errate e su pregiudizi svincolati dalla realtà fattuale."

venerdì 23 ottobre 2009

Giovanni Donzelli contro Lorenzo Bargellini


Lorenzo Bargellini è il portavoce del Movimento di Lotta per la Casa, informale associazione politico-sociale che da quindici e passa anni agisce per il civile funzionamento delle occupazioni abitative di Firenze. Su Bargellini comincia ad arrivare a destinazione il numero imprecisato di processi collezionato nel frattempo: alla metà di ottobre, una condanna definitiva ad un anno e quattro mesi di detenzione.
Il 23 ottobre Giovanni Donzelli, che quando si tratta di brutte facce che rovinano i salotti buoni si fa aiutare da quasi tutti -in questo caso è toccato ad Jacopo Cellai- ha avuto il fastidio di vederlo di persona, nel palazzo comunale della città di cui Bargellini è cittadino, ed ha dato il solito lavoro ai gazzettieri amici.
Di tutto il comunicato vale la pena di estrapolare una frase precisa. "Ricordo che in base ad una dichiarazione arrivata alla polizia, dietro alle occupazioni abusive potrebbe emergere l'ombra del racket".
Su quella dichiarazione Giovanni Donzelli è particolarmente ben informato, dal momento che fu lui stesso a "far arrivare" alla gendarmeria un certo video realizzato apposta per mettere il Movimento nella peggior luce possibile, in una di quelle repellenti operazioni di battage mediatico che pure, non troppo tempo prima, gli avevano fruttato la manesca disapprovazione di un commerciante di via Leopardi.
La risposta non si fece attendere, com'è possibile notare dall'articolo in link che ricostruisce tutta la vicenda, non soltanto la parte che fa comodo ad uno dei politicanti meno stimati della scena fiorentina. Insistere sulla prima parte della storia, architettata apposta, consente a Donzelli di sfruttarne l'eco anche dopo mesi, fidando nella poca memoria del presunto pubblico. A certe dimenticanze ci facciamo il piacere di rimediare noi, ricordando invece per quanto ci è possibile la vicenda nella sua interezza.
La risposta non si è fatta attendere neppure stavolta, ed è una risposta pressappoco istituzionale. Eros Cruccolini ha confermato di aver incontrato Bargellini, che ha intenzione di trattare proporzionalmente ai suoi indubbi meriti, ed ha sorvolato con molta signorilità sulle frequentazioni dell'opposizione di "centrodestra".
Avrà avuto i suoi buoni motivi.

mercoledì 21 ottobre 2009

Bianca Maria Giocoli e la pedonalizzazione di Piazza del Duomo


Abbiamo più volte avuto occasione di occuparci di Bianca Maria Giocoli, querula esponente fiorentina del piddì con la elle esperta -c'è bisogno di dirlo?- nelle tematiche d'i'ddegrado e della sihurezza. Va citata a suo onore, peraltro, l'assoluta consapevolezza del proprio livello di preparazione politica dimostrata da lei in occasione dell'ultima campagna elettorale.
Una delle pensate dell'amministrazione in carica riguarda la pedonalizzazione di piazza del Duomo: un tentativo come un altro di introdurre seriamente anche a Firenze quelle pedonalizzazioni integrali diffuse in tutto il mondo, al punto che non ci sono difficoltà a rintracciarne a Şanlıurfa come a Hastings.
Il timore di Bianca Maria Giocoli, monolitico al punto da essere inscalfibile dal tempo e dal mutare degli eventi, è che la piazza pedonalizzata torni a funzionare come ha funzionato per secoli.
Guai anche solo ad azzardarsi. Non c'è nulla che faccia imbestialire un "occidentalista" fiorentino come qualcosa che possa apparire un attentato alla sua concezione della città come salotto buono a prova di mustad'afin. Un salotto buono spesso costruito sulla base di memorie avite e piagnucolose, che rimandano a tempi in cui ad essere pedonalizzato era giocoforza il mondo intero. Tempi che Bianca Maria Giocoli non ha vissuto e dei quali -ci scommetteremmo- tanto meno ha mai sperimentato le durezze.
Ai tempi della pedonalizzazione universale, le piazze usate come piazze richiamavano individui che negli odierni tempi forsennati provocherebbero autentici diluvi di lagnanze da parte dei sedicenti ed autonominati paladini d'"Occidente". Ecco cosa possiamo trovare da una scorsa rapidissima a Firenze Vecchia, un testo di cronaca, aneddotica e costumi della Firenze ottocentesca, scritto alla fine del XIX secolo. Che bello: sembra la descrizione della Prima Esposizione Mondiale de i'ddegrado e dell'insihurezza!

"...La sera, Piazza del Granduca [piazza Signoria, n.d.r.] prendeva un aspetto tutto diverso. Non rimanevano che tre o quattro castelli di burattini. e qualcuno con le vedute del mondo nuovo, o della passione di Gesù, o della guerra di Napoleone. I ragazzi andavano a nozze e ci si spassavano e ridevano come non avranno più riso, dicerto da grandi, quando avranno creduto di divertirsi sul serio. La figura più caratteristica e che richiamava più gente, era un certo Martino, che tutte le sere verso le ventiquattro arrivava col suo carretto pieno di panieroni da cinque fiaschi, nei quali panieroni metteva uno sull’altro tanti piccoli piatti coperti, dove c'erano dei maccheroni freddi, che andavano via a ruba appena li metteva fuori. Questo cuoco.... a freddo, si piantava vicino alla cantonata di Via Calzaioli, sulla gradinata del palazzetto Bombicci, e non riparava a smerciare i suoi maccheroni. Di ogni piatto ne tagliava cinque spicchi; da una scodella piena di cacio di Roma grattato ne pigliava pulitamente con le mani un pizzicotto, li incaciava, e con un bussolotto bucato ci spruzzava il pepe e ne dava via ad un quattrino lo spicchio.
Ma c'erano anche allora gli sciuponi, gli scialacquatori, i figliuoli prodighi, inconsideratamente golosi, i quali ne prendevano un piatto intero, che costava nientemeno che una crazia, ossia sette centesimi!… Questi dilapidatori si conoscevano a colpo d'occhio, perché spendendo una somma così ragguardevole, tutta in una volta, avevan diritto alla forchetta, oggetto di lusso e da persone veramente a modo. Gli altri - la plebe che ne prendeva uno spicchio soltanto - li mangiava con le mani e così parevano anche più saporiti!"

"Entrando in Calimara da Baccano di fronte alle Logge di Mercato Nuovo, si poteva dire d'esser già in Mercato Vecchio. Sull'angolo a sinistra v'era la rinomata bottega del Valenti tabaccaio, famoso per le acetose, le orzate, e per il popone in guazzo. Qui la strada cominciava subito stretta, piena d'una folla affaccendata di serve, di cuochi con la sporta, come allora usava, e di gente che non avendo né cuoco né serva, andava da sé a far la spesa lesinando il quattrino e cercando di spenderli "co' gomiti" secondo l'antico modo di dire de' fiorentini.
In quel tratto, fino a Via delle Sette Botteghe, ci stavano i linaioli, i canapai e i venditori di ferrarecce: accanto al palagio dell'Arte della Lana c'erano i friggitori di roventini, di gnocchi, di sommommoli, di pesce e d'ogni cosa un po’.
Nelle sere specialmente di venerdì e di sabato, delle vigilie e di quaresima, la scena di quel punto di Calimara era veramente fantastica.
Le fiaccole delle padelle di sego, o dei lumi a olio infilati sopra un bastone, e le fiamme dei fornelli sui quali le padelle friggevano esalando acre odore di pesce e di baccalà, mandavano in distanza dei bagliori rossastri, degli sprazzi di luce e degli effetti d'ombra curiosissimi.
I friggitori urlavano chiamando la gente, e la gente si affollava a comprar la cena che consisteva in frittelle di mela, in carciofi, in baccalà, pesci d'Arno e fiori di zucca a seconda della stagione. In quella località, il movimento dalle ventiquattro all'un'ora era grandissimo.
Il palagio, o torrione, come lo chiamavano, che fu l'antica residenza dell'Arte della Lana, sembrava un rimprovero vivente d'esser lasciato in uno stato di spregevole abbandono, in mezzo a una turba schiamazzante e alle nauseanti esalazioni delle padelle e delle caldaie".

"[Nell'antico ghetto, n.d.r.] In Piazza della Fonte intorno al pozzo, c'eran quelli che abbrustolivano sui fornelli i ceci e i semi di zucca; fra questi c'era un vecchio famoso per friggere le ciambelle, che anche i cristiani i quali attraversavano il Ghetto per far più presto, compravano ai loro ragazzi che ne erano ghiottissimi."

Naturalmente, per quanto ci attiene, una pedonalizzazione che portasse a simili risultati sarebbe la benvenuta; Bianca Maria Giocoli invece ciarla di سوق, di suk, ossia "mercato", continuando a spregiarne l'essenza per motivi che può valer la pena di irridere, ma non certo di approfondire.


sabato 17 ottobre 2009

Ali Khamenei è morto? La "libera informazione" e la Repubblica Islamica dell'Iran



Alla metà di ottobre del 2009 si diffondono in rete notizie sulla morte di Ali Khamenei.
Le gazzette cianciano di "blog dell'opposizione" di "paese in fibrillazione" e via di questo passo, secondo un registro condiviso da trent'anni che impone di presentare la Repubblica Islamica nella peggior luce possibile, qualunque sia l'argomento all'origine della "new".
Secondo il giornalame la notizia a Tehran sarebbe stata accolta da cortei festanti di automobili.
Chiunque abbia visitato l'Iran si è probabilmente reso conto che Tehran, nei suoi quartieri a nord, è praticamente un mondo a parte. Dire che a chi ci vive tutto sia concesso è una palese esagerazione: tuttavia il tenore di vita ed i comportamenti di consumo dei suoi abitanti non differiscono potenzialmente in nulla da quelli di un cittadino "occidentale", e questo vale anche per l'accesso alla rete e ai mass media, ivi compresa la spazzatura "occidentalista" sparata a zero sulla Repubblica Islamica da un aggregato di professionisti dell'"informazione" che non stanno certo a chiedersi se certe condotte possano o meno essere controproducenti. Il problema è che il mondo è cambiato, certe strategie sono note da anni e le contromisure sono, per fortuna, alla portata di quasi tutti, con la sola apparente esclusione dei sudditi che vegetano nella penisola italiana, capacissimi a tutt'oggi di bersi qualunque fandonia la pornocrazia governativa decida di diffondere.
Uno dei molti che fa finta di non essere al corrente di questo stato di cose è un tizio di nome Michael Leeden, disinformatore "occidentalista" di lungo corso, al quale si deve la diffusione della non notizia -anzi, della menzogna- di cui qui si tratta, e che l'interessato afferma come al solito di aver avuto da "fonti affidabili". Sull'"affidabilità" delle fonti usate da gente come lui si dirà qualcosa nei paragrafi che seguono.
Michael Leeden fa parte della feccia gazzettara che tanto ha contribuito a creare il clima ebete di terrore quotidiano che dal 2001 permea la cosiddetta "informazione"; un trend che nella penisola italiana rimane tuttora incontrastato raggiungendo vette di ripugnanza difficilmente eguagliabili e macinando ogni giorno intere esistenze. Di Michael Leeden il mainstream mediatico peninsulare tentò con buon successo di presentare delle copie carbone, nello stile interattivo e nel look. L'aggressione yankee all'Iraq fu seguita da "commentatori" stile promotore finanziario che non avevano mai sentito l'odore di una ferita ai visceri ma che andavano in orgasmo ad ogni flash di agenzia che annunciava una nuova strage fatta da qualche bomba "intelligente", di quelle che smentiscono la loro definizione finendo poche volte sul Pentagono e spesse volte su mercati ed ospedali.
Il resto dovrebbe essere storia abbastanza nota: due guerre d'aggressione contemporaneamente, costosissime, in cui l'unica superpotenza mondiale non soltanto non è riuscita ad aver ragione di quelli che all'apparenza non sono che gruppi di guerriglieri sprovvisti di tutto, ma neppure a capitalizzare, come scelleratamente previsto in anticipo dalla marmaglia dei Leeden stipendiata apposta, i vantaggi conseguiti sul campo. Vittima dei meccanismi globali da essa stessa messi in moto, durante l'amministrazione dell'ubriacone Bush l'AmeriKKKa è passata dal rango di unica superpotenza mondiale a quello di paese come un altro. Per l'entità statale che per oltre cinquant'anni ha dominato l'immaginario di tutto il mondo con le sue produzioni mediatiche e con il tenore di vita che prospettava, non esistono secondi gradini in un podio: retrocedere in questo modo significa atterrare direttamente nel fango.
Gli yankee sono capaci di fornire esempi continui di assoluta incultura. Il web è pieno di filmati che mostrano qualche grassone del midwest alle prese con una carta geografica, a collocare l'Afghanistan vicino all'Australia. Il fatto che individui in grado di scatenare una guerra termonucleare vengano eletti a maggioranza da mostri come questo pare non allarmare nessuno. Nonostante tutto, la gravità delle oscenità commesse tutte insieme dall'amministrazione ha finito per coinvolgere anche il grassone del midwest, su cui è piombata una caterva di debiti da pagare, di sfratti e di pignoramenti, mentre i mutilati di guerra irrompevano nella vita quotidiana raccontando storie un po' diverse da quelle della televisione. Al primo giro di ruota dunque l'amministrazione è cambiata, mettendo all'angolo molte delle lobby in voga fino al giorno prima. E questo spiega la situazione piuttosto difficile che i cosiddetti "neo-con" stanno attraversando da qualche mese. Michael Leeden si è adoperato senza soste per facilitare il lavoro a chi stava distruggendo l'AmeriKKKa e con essa il mondo intero: finanza allegra e bombe, con bando mediatico -o con la galera- per chiunque dissentisse. Logico che al primo rovesciarsi delle sorti gli toccasse assistere ad un brusco ridimensionamento della propria influenza, e che la cosa gli andasse poco o punto a genio. La sua urgenza è quella di recuperare voce in capitolo con qualunque mezzo.
Il problema è che Michael Leeden è una voce ascoltata. Ascoltata fin troppo. Le sue produzioni mediatiche finiscono in un mainstream che non opera più da solo e che è affiancato, nel bene e nel male, dal web. E sul web si esprimono milioni di individui che la responsabilità sociale non hanno alcuna idea di cosa sia, proprio come i fans delle guerre d'aggressione e delle esportazioni di democrazia che ciarlano in tv... che nozione del concetto dovrebbero, in teoria, averla.
La Repubblica Islamica dell'Iran, abbiamo detto, soffre da sempre di un bias mediatico negativo dovuto al peccato originale della sua nascita: cacciare gli yankee a calci ed in quel modo può essere perdonato dagli ambienti che contano davvero, ma non certo dal servitorame incaricato di indottrinare il corpo elettorale. Questo bias negativo inscalfibile perdura, permeando di sé le produzioni di un mainstream affidato acriticamente alle manine dei Leeden ed ampiamente utilizzato per campagne denigratorie che lasciano addirittura spiazzato qualche governo "occidentale". Ignorare il concetto di responsabilità sociale permette alla feccia delle redazioni di mangiare -e di mangiare molto- non solo a spese di chi la paga, ma anche a spese della vita di individui, di paesi o di settori sociali mediaticamente inesistenti, e dunque inesistenti tout court. Un effetto collaterale di questo modo di agire è che dal rapporto biunivoco tra media mainstream e contenuti del web può uscir fuori un cocktail micidiale, di cui i gazzettieri sono ovviamente gli unici a trarre degli utili.
Il caso della cosiddetta "rivoluzione verde" del giugno 2009 è un esempio perfetto di quanto può succedere grazie ai Michael Leeden.
Addirittura ignorando il sostanziale disinteresse per la questione dei politici "occidentali", perfettamente al corrente del fatto che le elezioni presidenziali non avrebbero inciso sostanzialmente sulla politica estera iraniana e che la politica delle scoperte intromissioni negli affari altrui sta attraversando una fase di riconsiderazione (è il caso di ricordare l'exploit dell'agosto 2008 con il quale lo yankee di complemento Shaakashvili è arrivato ad un niente dall'essere portato a Mosca come prigioniero di guerra) il gazzettame "occidentale" ha preso in blocco le parti di uno degli sfidanti per le elezioni presidenziali, trattando il contesto politico iraniano -uno dei più complessi del mondo- con incompetenza assoluta e considerando rappresentativa dell'intero paese la borghesia di Tehran nord. Il contenuto di singoli blog apparentemente -ed in qualche caso sedicentemente- iraniani, a volte redatti in un inglese gergale per lo meno sorprendente, è rimbalzato sul mainstream ed è stato ridiffuso anche nei contesti di apparente provenienza, alimentando furibondi scontri di piazza apertamente approvati dai mass media "occidentali", gli stessi che hanno additato al pubblico disprezzo le centinaia di migliaia di manifestanti che nel 2001, a futuro immediato ampiamente divinabile, scesero in piazza per opporsi alla pianificazione di un decennio intero di prevaricazioni e di ingiustizie sociali. Fracassare un bancomat o pestare un gendarme a Tehran si può e si deve fare, a Genova no.
Lo svolgersi degli eventi iraniani fa pensare che questo meccanismo abbia funzionato molto bene, dando il peggio di sé: pennaioli ben pasciuti e ragazzi a farsi ammazzare in piazza a solo beneficio delle tirature "occidentali" e della pubblicità che le impesta. Il giornalame è arrivato al punto di "documentare" la realtà iraniana con fotomontaggi sfacciati: all'automobile del presidente Ahmadinejad si sarebbe parata davanti una ragazza a dito medio alzato che nelle intenzioni del cialtrone che ha ideato la cosa doveva rappresentare la quintessenza della denuncia sociale. Peccato che in Iran un gesto simile non abbia alcun significato. L'episodio è minimo ma dimostra come la produzione di contenuti mediatici sia guidata da un intento esclusivamente denigratorio e rivolta all'uso e consumo di un pubblico "occidentale" ed "occidentalista" che della realtà iraniana non ha alcuna cognizione, e che meno che mai potrà farsene una affidandosi a simili fonti di "informazione".
Ma c'è di peggio.
Lo sfondo degli scontri di piazza è scopertamente servito per pubblicizzare un arnese chiamato Twitter, ennesimo portale inutile di un internet che ne presenta centinaia. Su Twitter si sono affastellati migliaia di messaggi genericamente indicati come "dall'Iran" che hanno riferito tutto ed il contrario di tutto. Un paio di mesi dopo, e neanche tanto in sordina, i responsabili del servizio hanno ripristinato la tracciabilità dei messaggi. Probabile che i sottoscala di Tel Aviv non abbiano mai pullulato di fonti informate sugli accadimenti iraniani come in quei giorni di giugno!
Tra i blogger sedicenti iraniani il 21 giugno si è dato il caso di alcuni mentecatti repellenti, osceni irresponsabili autentica espressione della civiltà contemporanea, che hanno diffuso la notizia secondo la quale la Repubblica Islamica stava perdendo il controllo dell'esercito. Nulla di più probabile che una voce del genere abbia esasperato gli scontri tra ragazzi disarmati e bassij, che disarmati non lo erano e non lo sono affatto.
Il tutto si è svolto in un tessuto sociale i cui appartenenti hanno spesso una vera passione per i complottismi e le dietrologie, secondo un atteggiamento condiviso che in un contesto del genere va ritenuto sicuramente responsabile di ulteriori peggioramenti della situazione.
La "libera informazione" dei Leeden ha reso pessimi servizi al popolo iraniano, costruendo una realtà fittizia e mendace e mandandolo ancora una volta con noncuranza al macello. Il tutto, probabilmente, in un utilizzo estremo (sperabilmente l'ultimo, ma c'è poco da illudersi) della libertà di linciaggio di cui ha goduto per molto, troppo tempo.


venerdì 16 ottobre 2009

Stefano Alessandri, Massimo Pieri e la spesa pubblica


La natura del quotidianello "IlFirenze", purtroppo risanato dallo stato disastroso in cui si trovava a fine luglio da una sconsiderata iniezione di nuovi capitali, è quella di fare da cassa di risonanza a qualsiasi sistema gli esponenti del piddì con la elle fiorentino riescano ad escogitare pur di giustificare la poltrona che occupano. In questo esiste una certa corrispondenza biunivoca per cui ora è il micropoliticante a fornire l'assist al gazzettiere, ora è il gazzettiere a fornire lo spunto al micropoliticante. Purtroppo entrambi spaziano soltanto sulla sihurezza e su i'ddegrado, con esiti il più delle volte tra il comico e l'avvilente: non è certamente da invidiare chi passa giornate intere, per anni, in questo modo.
Da "IlFirenze" Massimo Pieri ha saputo che gli ebrei i rom del campo dell'Olmatello sarebbero debitori di centocinquantamila euro di acqua potabile. Sull'argomento tornano, citando la medesima e -eloquentemente- unica fonte, anche Marco Stella e Stefano Alessandri.
Il piddì con la elle, oltre alle buche nell'asfalto, è specializzato anche nel fare i conti in tasca agli altri: un segno rivelatore della mentalità "occidentale" secondo la quale il denaro è metro unico dell'esistente.
Benissimo: e allora parliamone davvero, di soldi.
La premessa da fare è che i beni primari come l'acqua dovrebbero essere gratuiti per tutti: se gli abitanti dell'Olmatello la paghino o meno, non è questione che ci interessi, visti gli usi assai più discutibili del pubblico denaro che andremo adesso ad illustrare, con qualche esempio neppure tra i peggiori.
Massimo Pieri? Massimo Pieri è familiare ai nostri lettori per il sionismo spicciolo di certe sue dichiarazioni e per una missione istituzionale in AmeriKKKa nel corso della quale sottoscrisse una frenastenica dichiarazione in favore della "guerra al terrorismo". Ecco, quanto sia costato ai contribuenti questo exploit non è dato saperlo.
Tanto per rimanere al caso di Firenze, costa denaro -e molto- anche la sorveglianza perenne cui è sottoposta la sinagoga di via Farini, che non è una sede diplomatica sionista ma un luogo di culto che nessuno si è mai sognato di minacciare. Gli unici a procurare danni estesi alla comunità ebraica fiorentina sono stati, nel corso del secondo conflitto mondiale, i combattenti di una parte che il governo dello stato che occupa la penisola italiana sta da anni facendo di tutto per riabilitare. Ovviamente siamo sicuri che la proposta di togliere la sorveglianza alla sinagoga accenderebbe un coro indignato di ciarle, con rapidità fulminea.
Col denaro pubblico, e con tanto fervido sostegno da parte del piddì con la elle, si paga la partecipazione all'occupazione dell'Afghanistan. Pare che i soldati inviati in zona dallo stato che occupa la penisola italiana si aggirino sui duemilacinquecento.
Mantenere un solo soldato nel carnaio afghano, ci spiega il 16 ottobre un Corriere della Sera non certo famoso per le sue posizioni naziislamocomunisteterogay, costa agli yankee 2740 dollari al giorno. Per lo stato che occupa la penisola italiana, i costi in totale si aggirano attorno al miliardo di euro l'anno. Quante bollette dell'acqua si pagherebbero con una simile cifra?
La guerra è una cosa dove si ammazza e si muore, quando non si torna mutilati e distrutti in maniera anche peggiore. Le menzogne mediatiche somministrate ai sudditi dello stato che occupa la penisola italiana sorvolano sistematicamente su un dato tanto elementare, preferendo insistere sulle passeggiate militari di Ignazio la Russa che si pavoneggia nell'ordinanza nuova. Sottolineare quanto costino care queste passeggiatine suona anche indelicato: esclude dal conto il sangue versato e quello ancora da versare.

Curiosamente, il 16 ottobre 2009 è sempre il Corriere della Sera a mostrare un piccolissimo esempio di quali sono le conseguenze strumentali della "legge", dell'"ordine" e della statolatria da tre soldi che promana da ogni parola, da ogni gesto, da ogni intenzione espressa dagli esponenti del piddì con la elle, al lavoro frenetico per la carcerazione dell'intero esistente.
In un articolo che tratta di una di quelle volte in cui i sudditi dello stato che occupa la penisola italiana ebbero la peggio, si illustrano le legalissime tasse e le legalissime vessazioni con cui la Libia rivoluzionaria cominciò a far loro intorno terra bruciata, fino a rendergli la vita impossibile.

«Un giorno si inventarono la tassa sul balcone, quello dopo una tassa sulla porta d’ingresso, se sporgeva sulla strada, un altro pure la tassa sul cane... Ore e ore di fila agli sportelli solo per ‘‘documentare’’ di non aver mai avuto cani in famiglia...».

giovedì 15 ottobre 2009

Firenze, una sera di ottobre n'i'ddegrado, senza sihurezza...



All'inizio di ottobre un gruppo di persone ha restituito per qualche ora a Piazza Brunelleschi la funzione che ha avuto per decenni, quella di raccogliere un'umanità variopinta, discutibile a volte, disperata spesso, ma viva.
Siamo andati qualche giorno dopo sul luogo del non delitto.
La prima immagine mostra l'unico contributo significativo dato dall'"occidentalismo" fiorentino al mondo universitario: sbarre.
Sbarre peraltro inutili, perché dietro di esse carte, volantini, annunci economici -o meglio, annunci antieconomici visti i prezzi sfacciati degli affitti- vecchie biciclette e scritte murali hanno beatamente continuato a proliferare, forse addirittura più di prima. Su come, oltre che inutili, queste sbarre siano state anche mortali abbiamo già avuto modo di tornare.
La sorpresa, piacevole, sta nelle scritte sui muri: ci sono proprio delle scritte di senso compiuto e di rivendicazione molto chiara. "L'orgia del potere uccide. Alexis vive". Alexis è Andreas Grigoropoulos, assassinato a quindici anni dal gendarme Epaminondas Korkoneas il sei dicembre 2008. La morte di Alexis scatenò in Grecia la rabbia di gruppi che non si limitarono certo a qualche scritta sul muro, dando il via a furibonde lotte di strada che durarono settimane. In prospettiva è perfino probabile che, essendo la Repubblica di Grecia un paese in cui l'influenza di mass media asserviti all'esecutivo è minore rispetto alla penisola italiana, ed in cui la memoria storica è a tutt'oggi patrimonio condiviso, l'episodio abbia contribuito a far cadere il governo di Nèa Dimokratìa.
Nessun gazzettiere peninsulare si scosse troppo: Atene non è Tehran, è schierata dalla parte giusta della barricata, quella in cui le gendarmerie sono intoccabili. Dunque niente drappi colorati, niente cortei col sindaco in testa, niente fiaccolate, niente tonnellate di spazzatura e menzogne da rovesciare a reti unificate su tutto il paese, niente cronaca minuto per minuto sulle manifestazioni e i funerali. Anzi: il registro opposto, con le scene di esecrazione per le vetrine di qualche negozio dell'Atene che conta rimasto con le vetrine in briciole. Allo stesso modo risultano non pervenute le reazioni del cicaleccio benpensante, in cui abbondano gli obesi pronti a scomodare Cristo croficisso per Bettino Craxi ma a dolersi che quel giorno di luglio, a Genova, di morti in piazza ce ne sia stato solo uno. Contro di loro, odio e disprezzo non saranno mai troppi.

mercoledì 14 ottobre 2009

Francesco Torselli, Baghdad e le buche nell'asfalto



La foto qui sopra viene da un blog che asserisce trattarsi delle conseguenze di un'esplosione in un mercato di Baghdad. Un attentato del febbraio 2007 in cui rimasero uccise centinaia di persone (centosettanta secondo un primo conteggio).
Francesco Torselli è un consigliere comunale costretto per motivi di opportunità politica a dare una registratina ai propri referenti ideologici, passando praticamente da Codreanu a Lele Mora; in considerazione del comunicato stampa che ha rilasciato il quattordici ottobre, situazioni come quella qui sopra sarebbero tipiche della città di Firenze, e segnatamente di via Venti Settembre. In altre parole, Francesco Torselli scomoda Baghdad per un paio di buche nell'asfalto. E la cosa merita un paio di approfondimenti, ad maiorem incompetentiae gloriam.
Il piddì con la elle, a Firenze, vanta una sorta di primato nel conteggio delle buche nell'asfalto: lo sfortunato Jacopo Bianchi, trombato per pochi voti allo scorso giro di ruota, ci aveva praticamente impostato la sua intera carriera politica. Nella politicanza urlata e ciarlante -anche in questa il piddì con la elle vanta un primato, ben più solido- è probabile che non rappresentino un argomento convincente al punto da essere decisivo.
L'altra considerazione è più squisitamente incentrata su un certo opportunismo politico che chi vivacchia raccontando fandonie per conto di chi comanda non dovrebbe mai dimenticare. La linea politica del piddì con la elle in merito a Baghdad è chiara e limpida: la guerra in Iraq è finita il primo maggio 2003 e la democrazia vi è stata esportata con pieno successo; lo ha detto George W. Bush e a dissentire può essere solo un terrorista, un nemico dell'"Occidente" nostalgico dei lager e dei gulag che vorrebbe cancellare l'amato paese di Sion dalle cartine geografiche; uno da segnalare alle forze dell'ordine e alla magistratura non comunista!
Questo causa un certo dubbio. O le cose stanno come sopra, e dunque Baghdad è amministrata e tenuta assai meglio di Firenze dove governano i rossi pacifinti(*) filoislamici, o Francesco Torselli sta velocemente imparando un mestiere che consiste esclusivamente nell'inondare di comunicati farneticanti la marmaglia gazzettaia, che li trasforma in articoli e reportages aggiungendovi addirittura qualcosa di proprio e scaraventa il prodotto finito su un'opinione pubblica talmente imbarbarita ed abbrutita da prenderli addirittura per buoni.
In occasione di un nostro viaggio nella Repubblica Islamica dell'Iran, avvenuto ad un anno di distanza dal terremoto che semidistrusse la città di Bam, il Tehran Times riportava gli auguri di Natale "a tutti i cristiani del mondo" da parte della Guida Suprema, ed occupava l'intera prima pagina con il titolo "I bambini di Bam sono la prima priorità nazionale". Di gazzettieri che dessero fiato a qualche Francesco Torselli in versione farsi (o in versione inglese, com'è il caso del Tehran Times) riempiendo pagine intere di titoloni da pornografia di quart'ordine, nessuna traccia.

(*) L'etichetta di pacifinto, coniata da chissà chi ai tempi dell'aggressione yankee all'Iraq, è rapidamente uscita dall'uso col precipitare delle sorti degli aggressori. Indicava sostanzialmente chiunque coltivasse sufficiente realismo da considerare George Bush e la sua cricca di lestofanti, bancarottieri e filosionisti assortiti come quella gang di ingordi, ignoranti, buoni a nulla, obesi ed incoscienti che erano e che sono. Perfetta espressione del loro elettorato, d'altronde. Franco Battiato riservò a Bush il fin troppo onorevole titolo di scimmia.


lunedì 12 ottobre 2009

Casa Pound: sotto il vestito niente


Uno scritto sicuramente parziale e frettoloso, redatto per l'utenza di Indymedia Toscana all'indomani di quella che per la città di Pistoia pare sia stata una domenica pomeriggio molto più movimentata del solito.


Il movimento politico più sopravvalutato degli ultimi anni
Una presenza mediatica già declinante che copre il nulla assoluto.

Esiste un aspetto di Casa Pound che viene sistematicamente sottovalutato e che nell'ottica dei suoi organizzatori è probabile che sia, al contrario, quello fondamentale.
Nel 2009 lo stato che occupa la penisola italiana ed il governo che fa finta di reggerne le sorti non hanno bisogno, per tacitare il dissenso, né di squadracce né di olio di ricino. Il controllo sociale e la repressione sono capillari ed in questo le nuove tecnologie hanno fornito aiuti sostanziali, insieme con la criminosa e spregevole azione della "libera informazione" che, tanto per dirne una, ha giurato a reti unificate sull'esistenza dell'arsenale biochimico iracheno. Se la menzogna viene esercitata in modo tanto perentorio su un argomento del genere, non si capisce perché mai il resto della "informazione", e soprattutto della propaganda politica, dovrebbe essere improntato a verità.
Casa Pound in sé, dunque, non è organica ad alcun potere costituito.
Casa Pound è essenzialmente un franchising di stracci neri e CD da due lire, confezionati rubando idee e concetti agli altri, cosa -questa sì- in cui i fascisti sono sempre stati maestri. Gianfranco Vene', in "Mille lire al mese", afferma in proposito che la pratica quotidiana del fascista della prima ora faceva pensare ad individui capaci "di fare un po' di tutto e niente bene", definizione in cui potrebbe benissimo rientrare il frequentatore medio di quella che è, nella sostanza, una rete di negozietti.
Il marketing è la principale preoccupazione ed la principale occupazione, a Casa Pound: l'iconografia di Iannone e soci (leggasi soci) ha letteralmente sotterrato i vecchiumi di Forza Nuova, che già di suo si era cimentata anni fa in qualcosa di simile che l'aveva portata a monopolizzare la comunicazione politica dell'asfittica estrema destra peninsulare.
L'attività politica di Forza Nuova porta, nonostante i dieci e passa anni di presenza politica come organizzazione strutturata, a percentuali elettorali da prefisso telefonico e a qualche consigliere comunale qua e là, usati dal centrodestra che conta davvero e poi scaricati a pacche sulle spalle, nonostante la doviziosa dirigenza del movimento si arrampichi sugli specchi pur di presentare come folgorante successo ogni comparsata. L'attività politica di Casa Pound non porta neppure a tanto.
I frequentatori dei Casa Pound Shops, sostanzialmente, possono soltanto cimentarsi in risse di quartiere, poco importa se come vittime, come carnefici, come partecipanti o come comparse. Casa Pound è arrivata sulla scena nel momento in cui il pallonaio, per almeno trent'anni autentico incubatoio della violenza più inutile, idiota e spregevole che l'"Occidente" contemporaneo sia stato capace di produrre, è stato ripulito e reso presentabile per le note ragioni: il padrone vero è Rupert Murdoch che non vuole il suo prodotto rovinato dall'eccessiva intraprendenza dei tifosi, declassati a comparse paganti e sottoposti a filtri e controlli degni di greggi in vista del macello, o di fellahin ai valichi di frontiera con l'ente statale sionista.
L'impraticabilità del pallonaio per gli scopi per il quale è egregiamente servito per tanto tempo ne ha trasferito i frequentatori e le logiche in altri luoghi: il fatto che ammazzare a colpi di razzo di segnalazione un Vincenzo Paparelli qualsiasi sia diventato un po' più difficile di un tempo non significa che siano scomparsi nel nulla anche gli individui capacissimi di provarci. Nulla di strano dunque che chi si trova bene con motti come "Nel dubbio mena" vada a cercare occasione di sfogo da altre parti, trovandole in quanto resta della politica di piazza. D'altronde la violenza fisica ed il corpo a corpo sono parte integrante dei simboli usati dal marketing della "Iannone & C - Stracci neri e musichine", così come i letti pieni di trapunte e broccati sono le ambientazioni in cui adagiare una modella a reclamizzare mutande e reggiseni. La farsa è arrivata al punto che, a quanto sembra, i frequentatori della "Iannone & C" usano prendersi reciprocamente a cinghiate durante concerti e serate in discoteca.
Su ogni episodio violento si innesta la polemica mediatica strumentale di un'organizzazione ben più potente, il cosiddetto Popolo della Libertà per Cancellazione di Processo, autentica e instancabile macchina da menzogne in grado di monopolizzare i mass media con le bugie prodotte a getto continuo dai mentitori di professione che vi militano, di solito non gratis. Se i mentitori in servizio permanente effettivo non sono nei paraggi, ci si appoggia alle dichiarazioni delle presunte vittime. Nel novembre 2008 un breve scambio di idee in un circolo fiorentino divenne così all'istante una spedizione punitiva condotta da "trenta comunisti armati di mazze e di bastoni", dichiarazione ripresa pari pari dal gazzettàme, asservito e repellentemente mediocre a tal punto da non aver riflettuto sul fatto elementarissimo che "trenta comunisti armati di mazze e bastoni" ed autenticamente in vena di sfracelli non si limitano a far paura a qualche ragazzino, ma possono tranquillamente tirar su in cinque minuti un mucchio di morti alto fino al soffitto. Appena i gazzettieri trovano qualcosa di più recente per riempire i loro scartafacci tra la pubblicità di un bordello e quella di uno strozzino -pardon, di un club e di una finanziaria- tutto torna come prima. Ogni volta che Casa Pound finisce al centro di episodi violenti, la trafila mediatica delle notizie in merito segue sempre lo stesso schema: episodio violento (non importa chi ha "ragione" o "torto": l'ostentazione di un'iconografia ispirata alla violenza e quella di pratiche violente vere e proprie, comunque, non depone certo a favore di un innocentismo a priori), piagnisteo poundiano, piagnisteo pidiellino, piagnisteo generale, invito alla repressione, auspicio di repressione, e in qualche caso anche le ciance di qualche politicante romano, anche lui ovviamente in vena di repressione. Le redazioni hanno ben sfruttato la "novità" Casa Pound nei mesi scorsi, ma non è detto che la cosa duri all'infinito. Anzi. Il repertorio simbolico pur sempre asfittico ed il valore dei militanti praticamente sotto lo zero -d'altronde perché mai uno che compra un disco o una maglietta dovrebbe rischiare qualcosa per chi gliele vende?- sta già ridimensionando la presenza di Casa Pound, costretta già da mesi a giocare in difesa e a ridurre le proprie "azioni futuriste" al minimo indispensabile per salvare le apparenze.
Intendiamoci bene. Un tempo le idee genocide e la propensione al pogrom erano confinati ad una ristretta e relativamente innocua cerchia di panciabirra ruttanti e rasati a zero. Adesso, specie nello stato che occupa la penisola italiana, sono l'invidiabile patrimonio comune dell'"Occidente" contemporaneo. Ma chi addossasse ad organizzazioni come Casa Pound il discutibilissimo merito di aver convertito in massa all'intolleranza e all'odio i sudditi che bivaccano nel territorio peninsulare attribuirebbe alla Iannone & C. un'impresa molto al di sopra delle sue possibilità.

venerdì 9 ottobre 2009

Firenze, Facoltà di Lettere di Piazza Brunelleschi



In questa sede abbiamo più volte avuto il modo di sottolineare la sostanziale disumanità che guida, insieme con la menzogna, l'ingordigia, la malafede e l'incompetenza, il comportamento di svariati personaggi del mondo politico fiorentino, ed in particolare di quelli del cosiddetto piddì con la elle. Una delle ultime e pesantissime serie di considerazioni in proposito l'avevamo espressa sul conto di Giovanni Donzelli, curioso caso di meritocrate universitario che non è stato capace di laurearsi neppure in quindici anni. Proprio l'ambiente universitario era stato, due anni fa, il teatro di una delle sue più piccole e più discutibili vittorie: a furia di cianciare d'i'ddegrado e dell'insihurezza era riuscito a far erigere una cancellata in piazza Brunelleschi, sede storica della Facoltà di Lettere e ricettacolo da decenni di un'umanità discutibile ed esecrabile finché si vuole, ma viva.
Il diplomato Donzelli e la sua cancellata ci portarono la morte.
Il 7 ottobre 2009 un gruppo di persone non ha voluto andarsene all'ora di chiusura ed ha tenuto una festicciola nella piazza. Cosa rara da qualche tempo, ha tracciato sulle pareti -ripulite a suo tempo con moltissima approssimazione- una fitta crestomazia di scritte dotate di senso compiuto e non le solite, inutili, irritanti tags da yankee cerebroleso.
Il giorno successivo è toccato a Francesco Torselli, noto ai nostri lettori come estimatore di Codreanu, a gridare allo scandalo in Consiglio Comunale. Si legga con calma il suo comunicato, e lo si confronti con quelli rilasciati dalla stessa conventicola ai tempi in cui la cancellata non esisteva.
Ora, i sudditi dello stato che occupa la penisola italiana sono ridotti ad un tale grado di acquiescenza, di passività e di sostanziale e criminosa idiozia che chiunque abbia un po' di pelo sullo stomaco, zero intenzione di lavorare e faccia tosta fuori da ogni limite può pensare seriamente a mettersi in politica e gabellare per luminoso risultato l'installazione di un simile manufatto. Tenere le brutte facce fuori dai salottini buoni. Eppure qualcosa deve aver funzionato male perché se piazza Brunelleschi resta un luogo vivo cancellata nonostante, è possibile che quelle sbarre siano sostanzialmente inutili.
O peggio che inutili, visto che già una volta hanno letteralmente ucciso.

mercoledì 7 ottobre 2009

Ex Meyer: solidarietà agli occupanti



Firenze. All'inizio del 2009 l'occupazione di uno stabile appartenente all'ex ospedale pediatrico Meyer ha rappresentato un boccone amarissimo per il mondo politico cittadino, la cui componente "occidentalista", nei fatti rappresentata da una gang di viziati incompetenti autonominatasi paladina contriddegràdo e pellasihurézza, è sotto ogni punto di vista mediaticamente sovrarappresentata.
In molti casi la sovrarappresentazione mediatica nasconde la cialtroneria di individui che nella "politica" hanno quell'ancora di salvezza che evita loro di fare i conti con un tessuto produttivo che non tollera certe alzate d'ingegno e che li considererebbe dei bastoni tra le ruote in qualunque genere di attività retribuita.
La politicanza da gazzetta, invece, consente alle istanze più deteriori dell'"occidentalismo" contemporaneo di agire a tutto campo e senza contraddittorio: all'incompetenza profonda e all'ignoranza di qualunque genere di problema che sono dati strutturali dell'"occidentalista" contemporaneo si accompagnano come corollari piccineria, calcolo, egoismo, ingordigia obesa e quel "legalismo" che è esclusivamente l'applicazione della "legge" ai poveri e la sua interpretazione per i ricchi. Il tutto genera ogni giorno, ogni giorno, ogni giorno un coro ossessivo e neppure mascherato, in un giornalame che riporta senza mutare una virgola comunicati di questura e news di agenzia.
L'amministrazione comunale considerava negativamente la costruttiva occupazione dell'ex Meyer fin dal suo inizio, prospettando per gli stabili favolosi usi sociali che in concreto producono il più delle volte autentiche e costosissime bolle di sapone. Le città della penisola italiana grondano di stabili "restituiti alla legalità", come scribacchia un coro gazzettiero che ha anche il coraggio di sbandierare una dignità professionale, che nei fatti sono un insulto alla miseria e alle necessità vitali di una popolazione il cui impoverimento progressivo non data certo dall'altro ieri.
Col pretesto di un episodiuccio da niente la gendarmeria ha chiesto all'inizio di ottobre il sequestro dello stabile occupato. Il giornalame ha pubblicato articoli monocordemente denigratori ed ha fatto letteralmente le pulci ai cittadini rumeni trovati all'interno degli ambienti, sicuro dell'impunità su cui può contare ogni volta che è in grado di accanirsi su chi ha ben altri problemi che non difendersi dal linciaggio quotidiano e gratuito perpetrato da redazioni asservite il cui ributtante operato è molto peggio che inutile.
Molti "articoli" presentano foto dello stabile occupato in cui spiccano padiglioni satellitari: una vista familiare a chi abbia visitato realtà più normali come le città di Damasco o di Qom. Ecco, ai pennaioli tanto basta per statuire l'alto reddito degli occupanti. Eppure basta sfogliare la stessa gazzetta per essere sommersi di pubblicità di "credito al consumo", una delle ultime vergognose invenzioni per incatenare a vita i lavoratori ad una weltanschauung criminale il non condividere la quale si configura ormai come un reato, e di bottegoni di elettrodomestici che da qualche tempo, e senza che la cosa abbia allarmato nessuno, propongono le rate anche per i frullatori a immersione.
I mustad'afin delle occupazioni fiorentine sono il bersaglio contro cui politici e mass media degni di ogni disprezzo si accaniscono ogni giorno. E per questo hanno, ancora una volta, la nostra solidarietà.

domenica 4 ottobre 2009

Riccardo Mazzoni, uno che ha capito tutto


Nel pomeriggio del 3 ottobre 2009 si è svolta a Firenze una manifestazione di protesta contro la prospettata realizzazione di un lager sul territorio toscano.
Riccardo Mazzoni scalda una poltrona nella camera bassa, a Roma: grazie a questa importantissima mansione, svolta a spese dei sudditi dello stato che occupa la penisola italiana, Riccardo può permettersi un tenore di vita che la stragrande maggioranza dei sudditi non può neppure immaginare.
Il commento di Riccardo Mazzoni alla manifestazione, organizzata da mustad'afin e composta per intero da mustad'afin, è comparso il giorno dopo sull'amicissimo "Giornale della Toscana", il negletto quotidiano che cura gli interessi della sua greppia, di solito secondo un registro propagandistico talmente pedestre che fa pensare assai più a Streicher che non a Goebbels.
Il fatto che esistano individui cui i lager non piacciono, per Riccardo Mazzoni, dev'essere qualcosa di più di intollerabile: deve essere inconcepibile. Nonostante le valanghe di menzogne rovesciate su tutto e su tutti, nonostante gli sciacallaggi ed i linciaggi mediatici, nonostante l'epidermide femminile esposta in ogni pagina di rotocalco ed in ogni nanosecondo di trasmissione televisiva, qualcuno osa ricordare le oscenità in corso d'opera; davvero incredibile.
In un periodo sgrammaticato, Riccardo Mazzoni rivela quella che a prima vista sembra una profonda -ed ovvia- incompetenza nella comprensione di un mondo a cui fondamentalmente non appartiene e di cui non potrebbe importargli di meno, anche se è da quel mondo che gazzettieri e feccia politica traggono il materiale da trasformare in suffragi e quindi in denaro. Riccardo Mazzoni definisce la manifestazione "un misto tra estremismo, demagogia ed affarismo perché non escludo che questi cosiddettiti (sic) vengano mossi anche da chi ha interesse a gestire i traffici dell'immigrazione clandestini".
In piazza il 3 ottobre non c'era ovviamente alcun trafficante di schiavi di questo genere: più che una prova di incompetenza -della quale non abbiamo comunque alcun motivo per dubitare- l'asserzione è invece una testimonianza della forma mentis "occidentalista", secondo la quale è inconcepibile qualunque azione non sia mossa dal tornaconto. La stessa visione del mondo mostrata a suo tempo da Ehud Gol, l'ambasciatore dell'entità statale sionista trattato con fin troppa signorilità da manifestanti fiorentini ovviamente portati in tribunale e recentemente assolti. Ehud Gol disse che i contestatori erano pagati dai palestinesi.
L'altro periodo che riporta le affermazioni di Riccardo Mazzoni testimonia invece la ferma convinzione di questo "politico" che i confini tra incompetenza e malafede non contino assolutamente niente, purché si sia capaci di conferire un buon grado di perentorietà a quanto si vuole finisca sulle gazzette. Devono insegnarla alle scuole di partito, questa roba. Probabilmente è l'unica materia d'insegnamento.
"I CIE [il nome presentabile dei lager, n.d.a.] sono necessari perché l'accoglienza indiscriminata non è attuabile e soprattutto in questo momento di crisi porterebbe a una pericolosa disgregazione sociale e quindi lo stato che occupa la penisola italiana, come tutti gli altri paesi europei e gli Stati Uniti di Obama che hanno eretto un muro con il Messico sono costretti a contrastare l'immigrazione clandestina".
Traduzione: scaldo la poltrona che scaldo grazie al clima di paura montato tra i sudditi con metodi propagandistici degni di quei regimi totalitari che a parole disprezzo tanto. Io me la passo benissimo, i sudditi no perché li stiamo prendendo in giro da anni senza neanche variare troppo i temi, tanto un albanese o un rumeno o un credente a cui dare la colpa di tutto quello che non torna lo troviamo sempre. A vederne troppi in giro, però, i sudditi potrebbero rendersi conto di non passarsela gran che meglio rispetto a qualcuno che per dormire al chiuso deve forzare l'uscio di qualche sottoscala, e potrebbe venirgli voglia di venire a chiederne conto a me e ai miei commensali. Ci mancherebbe altro.
Si noti che Riccardo Mazzoni appartiene ad una formazione politica che ha tentato di istituire festeggiamenti ufficiali per celebrare l'abbattimento del Muro di Berlino. Il Muro di Tijuana gli sembra assai meno difficile da digerire. E' interessante anche l'asserzione "gli Stati Uniti di Obama". Come se gli Stati Uniti "appartenessero" al presidente in carica. Il tentativo di blindare la frontiera messicana risale, nella sua forma attuale, almeno agli anni Novanta del passato secolo ed essa blindatura -nella realtà dei fatti un colabrodo mortale, dicono- non è certo stata decisa dalla sera alla mattina dall'esecutivo attuale, come questo individuo vorrebbe far credere. Ma per i micropolitici "occidentalisti" l'ubriacone George Bush e la sua cricca di sionisti d'accatto, di falliti, di megalomani e di pitbull col rossetto resta intoccabile, evidenze nonostante: l'occasione per gettare qualche ombra sull'operato dei suoi avversari politici non va dunque perduta in nessun caso.

giovedì 1 ottobre 2009

Il Quotidiano "Nazionale" e il nessun senso del ridicolo


In questa sede -la cosa è chiara da sempre ai nostri lettori, anche quelli meno assidui- i mass media di riferimento corrente non godono in genere di alcuna autorevolezza e di alcuna considerazione, fatti salvi i casi (frequentissimi) in cui vengono trattati con aperto e sereno disprezzo.
Il "Quotidiano" sedicente "Nazionale", di cui "La Nazione" è l'incarnazione fiorentina, "Il Giorno" quella milanese, "Il Resto del Carlino" quella di Bologna, rientra nel centotré per cento dei casi nella seconda categoria.
Nel corso della mattinata del primo ottobre 2009, l'edizione on line del giornaletto su specificato presentava il titolo di testa presentato qui sotto, senza rendersi minimamente conto di quanto titolo e foto insieme travalicassero, come abitualmente fanno tutte le produzioni mediatiche di quella testata, il limite che separa l'irritante dall'inutile e dal ridicolo.

La foto mostra uno schieramento di gendarmi perfettamente equipaggiati intento ad affrontare un gruppo di manifestanti a mani basse, armati solo di un megafono. Il titolo strilla di "rivolta", come in altre occasioni ciarla di "caos" o di "insurrezione". Tutta roba che in contesti ed in tempi più normali -la situazione della società che bivacca nella penisola italiana, ed i valori da essa condivisi in ogni modo possono essere etichettati meno che con la parola "normalità"- espressioni del genere sarebbero riservate alle circostanze appropriate. In altre parole, le forze armate sono in rivolta quando è in atto un colpo di stato, il caos si verifica in assenza di un'autorità centrale in grado di far rispettare il monopolio della forza che essa stessa si arroga, una insurrezione si verifica quando il tacito contratto sociale che lega autorità e sudditi viene finalmente -e giustamente- a mancare. Adesso invece, in un contesto che normale non è, è sufficiente una peraltro garbata nota di protesta, comparsa sul sito di un sindacato di categoria, per tirare in ballo parolucce come rivolta.
Un po' di rivolte, di insurrezioni e di caos autentici non farebbero male a volte, specie se fosse possibile offrirne prova di prima mano a certi imbrattafogli di assoluta incompetenza e di ancor più evidente malafede.
L'immagine non potrebbe sottolineare meglio la pochezza della questione e la doppiezza spregevole insita nell'operazioncina mediatica perché mostra soltanto gendarmi perfettamente equipaggiati al cospetto di una folla inerme. Uno sta alzando un manganello senza difficoltà. Cosa c'è che non gli torna, a lui e soprattutto agli impudenti in sovrappeso di tante redazioni, il non poter usare l'AR70 direttamente?
Fino all'altro ieri la gendarmeria ha avuto vita assai più dura nei pressi del pallonaio domenicale: per trenta e passa anni, su gendarmi fatti bersaglio di slogan irripetibili ed oggetto di un odio deliberato e condiviso, è piovuto di tutto: dalle mele marce agli spiccioli ai lavandini sradicati dai cessi del pallonaio. Questo, prima che lo stato che occupa la penisola italiana chinasse la testa al volere della razza dei Murdoch, veri padroni della faccenda cui certi contrattempi fanno solo perdere quattrini, e con la scusa dell'omicidio di un gendarme avvenuta in circostanze ancora poco chiare in quel di Catania cogliesse il destro per blindare pallonai, pallonieri e curve varie.
Nei trent'anni in cui i frequentatori del pallonaio hanno potuto scambiarsi cortesie di ogni tipo, dal razzo di segnalazione che agghiacciò Vincenzo Paparelli alla coltellata che uccise Vincenzo Spagnuolo, e dedicarsi a coscienziose ed estese opere di vandalismo e di devastazione (celeberrime le battaglie a colpi di prosciutti negli autogrill espugnati) non ricordiamo di aver mai sentito lamentele di questo genere. Il pallonaio, gallina dalle uova d'oro, guai a chi lo tocca. Contro i mustad'afin della lotta politica, invece, va bene tutto ed il contrario di tutto.