mercoledì 6 maggio 2009

"Il Giornale della Toscana", il palloniere sgazzebàto e la vacuità "occidentalista"


Gli sforzi con cui dalla redazione fiorentina di via Cittadella ci si adopera in favore di Giovanni Galli -spedito dal padrone a Firenze per conferire rispettabilità ai fans di Codreanu che costituiscono una parte non trascurabile dell'elettorato passivo del Piddì con la elle per le amministrative del 2009- sono di una ridicolaggine a suo modo eroica.
Vivere per 10 (dieci) giorni su un insignificante episodio di cronaca contraddirebbe molti degli assunti condivisi dalle odierne scienze delle comunicazioni, ma a Firenze se si vuole uscire in edicola si è costretti a questo, stante la nullità di argomenti alternativi provvisti da una congerie elettorale di afasici, piccini, minus habentes, casi umani, valletti di camera e buoni a nulla di varia provenienza e di varia incompetenza che per anni, attraverso la continua e asfissiante produzione di comunicati stampa, hanno dato pubblica prova della propria desolante pochezza.
Il 6 maggio "Il Giornale della Toscana" torna sulla vexata quaestio dello sparecchiamento gazebi invisi: il preside del liceo carcere Michelangelo avrebbe reagito alla vicenda... vietando agli studenti di invitare "esterni", ossia persone non iscritte alla scuola, alle loro assemblee.
L'eventualità caldeggiata dai redattori di questo quotidianello è chiara. Sperano di trovare abbastanza lettori capaci di credere che un "provvedimento" simile serva ad evitare il ripetersi di casi analoghi.
Nell'epoca di internet e dei cellulari.
L'altro punto saliente della mezza pagina di cellulosa tolta ad usi più costruttivi da questo vaniloquio è l'asserzione secondo la quale nel gazebo di Giovanni Galli "non vi era traccia di vecchi e nuovi fascismi".
Un esercizio di stile sul registro abituale della propaganda, che è quello di negare l'evidenza.

L'episodio che additiamo qui al pubblico sprezzo rafforza una sensazione precisa. Quella che la propaganda "occidentalista" ruoti attorno a parole d'ordine sempre identiche, sempre dettate dall'alto secondo strategie di marketing la cui efficacia dipende però molto dall'effetto recency costruito partendo da eventi della vita cittadina capaci di fornire ad esse qualche appiglio. Se questi eventi mancano -nessun "rumeno" violentatore, nessun "islamico" colpevole di respirare in pubblico...- il reiterare continuo dei medesimi argomenti rischia di diventare controproducente e di restringere il target del pubblico. La vicenda del quotidianello in oggetto, che neppure raggiunge tutte le edicole della città di Firenze, è un buon esempio di quanto può succedere.
In casi come questo, un pubblico ristretto finisce per coincidere con una claque e per ricalcarne i comportamenti; in via Cittadella lo sanno benissimo, e le "lettere al Direttore" dànno voce pressoché esclusiva ai più pedestri esempi di "occidentalismo" a tutta prova.
Nel numero del 3 maggio 2009 si trova appunto la lettera, che con rara inventiva ed originalità si è provveduto a intitolare "Firenze ha bisogno di sicurezza" (se no andava bene "Firenze contro il degrado" o "Firenze per la libertà", tanto il risultato non cambia). E' firmata Maria Rita Monaco.
Una Maria Rita Monaco, stando a Google, è autrice di oziose considerazioni sui ganci da tramvia, sui danni di una TAV i cui contestatori sono stati accusati per anni delle peggiori nefandezze, e figura nello statuto di un'associazione denominata Firenze c'è, che già dal nome fa pensare che l'esistenza stessa della città di Firenze sia subordinata e conseguente a quella dell'associazione!
La lettera di Maria Rita Monaco condensa generici piagnistei sulla "vivibilità" cittadina che in nulla si discostano da un cliché inalterato da decenni. Presenta peròe alcuni interessanti esempi di attribuzione causale, tipici del "pensiero" a cui "Il Giornale della Toscana" intona la propria linea editoriale.

[...] Basta una partita di calcio, quando ai tifosi veri si aggregano, ovviamente approfittando della folla, i violenti di professione, per mettere sotto sequestro gli abitanti di un intero quartiere; basta la celebrazione di una festa, che dovrebbe essere di tutti gli italiani, perché altri violenti di professione assaltino gazebo a loro non graditi, senza curarsi di turisti e cittadini che assistono impotenti alle loro esternazioni; un clima intimidatorio sta cercando di inquinare il clima delle elezini e tutti noi dovremmo sapere che non c'è bisogno di renderlo ancora più pesante.

L'assunto secondo il quale la violenza palloniera sarebbe fomentata da individui che per questo percepiscono un compenso -il riferimento alla loro "professionalità"- rivela una nulla conoscenza del pallonaio, ma scopre uno dei pilastri del pensiero "occidentalista", nella cui prospettiva è assolutamente inconcepibile che si possa intraprendere alcunché senza guadagnarci di persona.
La "festa" cui Maria Rita Monaco si riferisce è quella del 25 aprile, che nella penisola italiana celebra una "liberazione" sulla quale una consistente parte dell'elettorato "occidentalista" ha sputato e continua a sputare sprezzante; ciò dovrebbe bastare per non considerarla la festa di tutti... specie se consideriamo che certi atteggiamenti improntati alla sufficienza sprezzante sono momentaneamente finiti nel cassetto solo dopo un perentorio ordine di scuderia partito diritto dall'ufficio del padrone.
Tornano poi i "violenti di professione": che una formazione politica i cui demeriti abbiamo più volte messo in luce possa essere oggetto di gratuito odio, è evidentemente inconcepibile; l'aspetto più grave della questione, poi, non è certo legato alla libera espressione delle idee politiche ma a quello che "turisti e cittadini", di cui si statuisce l'"impotenza", potrebbero pensare dell'episodio. Come dire "fate quello che volete, ma non nel salotto buono di piazza Strozzi, riservato a noi eletti".
Sul "clima intimidatorio" ci sarebbe da profondersi in considerazioni anche più pesanti: ai tempi dell'aggressione yankee all'Iraq, un medio calibro toscano di Forza Italia lasciò intendere ai giornali che "avrebbero preso i nomi di tutti coloro che esponevano le bandiere della pace". Per capire la portata della bestialità detta e per lanciarsi in una smentita da barzelletta gli bastarono ventiquattro ore...
Proseguendo, Maria Rita Monaco passa ai suggerimenti concreti.

Poi si urla allo scandalo se qualcuno chiede l'intervento dell'esercito.
Cosa altro fare per difendersi da questa violenza assurda se non chiedere l'aiuto e l'intervento di chi è ancora in grado di difendere i cittadini?

Lo stato che occupa la penisola italiana arma i propri soldati con il fucile d'assalto AR70 calibro 5.56. Seicentoottanta colpi al minuto. E' evidente che Maria Rita Monaco, che fino a prova contraria non soltanto non ha mai sentito l'odore che promana da una ferita ai visceri, ma non ha fatto un minuto di trincea in vita sua, considera l'utilizzo di simili sistemi il miglior rimedio a qualunque tipo di manifestazione vitale, da quelle dei pallonieri a quelle degli attivisti politici.
Sembra quasi che se lo auguri, il sangue nelle piazze. La morte di Carlo Giuliani fu d'altonde salutata a suo tempo dagli "occidentalisti" con un vero e indimenticabile boato di gioia.
E' interessante notare che è da individui di questo genere, che tanto si scaldano se qualcuno gli entra con gli anfibi nel salottino buono, che arrivano di solito gli apprezzamenti per i bombardamenti a tappeto e per le "esportazioni di democrazia".
La lettera chiude con la considrazione che segue.

Ci aspettano tempi duri non certo per merito di chi sta cercando di cambiare le cose a Firenze con una discontinuità vera, ma a causa di coloro che vorrebbero lasciare tutto come è, fingendo di voler cambiare tutto.

Nessuno dubita che a Firenze ci sia qualcuno che sta cercando di cambiare le cose.
In peggio.
Ben vengano dunque per lui, o per loro, i tempi duri.

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