lunedì 15 dicembre 2008

Liceo Carcere Michelangelo



A Firenze operano tranquillamente svariati e collaudati laboratori per la fabbricazione di conformisti travestiti da "scuole prestigiose e selettive". Chi scrive ne ha fatta esperienza personale scoprendo poi che in vent'anni nulla è cambiato rispetto ai tempi in cui tra gli insegnanti allignava gente che non faceva alcun mistero delle proprie simpatie franchiste.
Nel dicembre 2008 due studentesse vengono sospese per una settimana, due mesi dopo gli eventi di cui erano accusate. E' probabile che così facendo si sia voluto dar loro un pedagogico saggio della lentezza, oltre che della sostanziale idiozia, che caratterizzano la "giustizia" nello stato che occupa la penisola italiana. In solidarietà alle protagoniste della vicenda si è provveduto a postare su
Indymedia lo scritto che segue.


Sgomberatelo sul serio

Il Miche andrebbe sgomberato sul serio. E definitivamente. Sgomberato da allievi, insegnanti, bidelli, toponi dei cortili, banchi, seggiole, armadi, sputacchiere, pitali, coperte di casermaggio, tascapani, ferri da stiro, cornamuse e lapis copiativi. Ma ripulito proprio, e sparso sale grosso nei corridoi. Anche l'intervento di un esorcista di buona competenza non stonerebbe per nulla.
L'ho frequentato tra gli anni Ottanta e i Novanta, in un perioduccio in cui la borghesia cittadina affidava a quel tetro e questurale portone orde di fanciulle in fiore maglioncino & filodiperle che adesso, svanite le spemi di stupende e raccomandate carriere nel ramo di chi decide chi deve stare in galera e chi no perché la vicina facoltà di legge sfornava ogni anno centinaia di cloni con le medesime ambizioncelle, inchiattiscono in santa pace dietro al mutuo da pagare. Ma questo è soltanto un aspetto che si apprezza a danno fatto.
Il primo impatto con quell'incubatoio di pazienti psichiatrici lascia a tutt'oggi agghiacciati. Lapidi ai caduti, patrii destini ed altra mercanzia da nazionalisti d'accatto "abbelliscono" ancora i corridoi, perché il Michelangelo si intende anche di esser fiero di esser stato corresponsabile di un sistema educativo che ha insegnato ai sedicenni del 1915 come e qualmente fosse eroico e virile farsi strappar via le budella dalle mitragliatrici austriache e crepare dissanguati sulle pietraie del Carso. Il capoccia dei miei tempi era un sulfureo individuo dall'aspetto vagamente andreottiano, tale Nunzio Marchese, che passava ere geologiche intere ben rintanato in presidenza, nell'unica ala dell'edificio dove d'inverno non si crepasse di freddo. Anche in presidenza una bella serie di labari, bandiere e altra roba, come in un comando dei bersaglieri a Ghadames. Dopo una ventina d'anni di quest'andazzo qualcuno si rese conto della cosa e scrisse a spray, accanto al su ricordato portone, che secondo lui Nunzio, bello chiuso tutto solo in presidenza, passava le giornate a spappolarsi dalle seghe. I sottoposti del Marchese, il cosiddetto "corpo docente", reagirono alla scritta come potrebbe reagire un canonico del Duomo scoprendo una cacata sull'altar maggiore. L'attività autoerotica, comunque, non impediva a questo evanescente principe della cultura di darsi ogni tanto da fare, come quella volta che sospese un tizio colpevole di avergli rivolto la parola tenendo le mani in tasca. Purtoppo erano gli anni Ottanta, c'era in corso la deafferentazione di un intero corpo sociale, e Nunzio se la cavò con qualche maledizione. Si fosse azzardato a fare una cosa del genere qualche anno prima gli sarebbe toccato assai di peggio; un tale che conosco, alto un par di metri e grosso in proporzione, non si peritò di pigliarlo per il colletto e appiccicarlo al muro coi piedini che battevan l'aria a trentasei centimetri dal suolo, la volta che Nunzio allungò una grinfia e gli interruppe una conversazione telefonica dall'apparecchio a gettoni del corridoio.
Senza interregno, l'era Marchese lasciò il posto all'era Bonatti, segnata ed ispirata ai medesimi principi. I marziani, praticamente. Con l'aggravante dell'invecchiamento sempre più evidente della panoplia umbertina su descritta, che comprendeva anche un laboratorio di scienze pieno di bestie impagliate, un'aula magna inagibile, un'ala intera dello stabile a rischio di crollo dai tempi del povero Agostino Depretis tenuta in piedi a furia di tubi Innocenti. Esisteva anche una biblioteca, ermeticamente serrata e -pare- perfino priva di catalogo. Tra le genialate dell'ultimo Bonatti, che ebbi modo di apprezzare (per modo di dire) dopo che da oltre dieci anni avevo abbandonato quella fabbrica di scarogna, l'intronamento nel "cortile della magnolia" come lo chiamava lui, o nel "cortile dei topi di fogna da concorso internazionale" come lo chiamavano gli altri, del busto di bronzo dell'unico aviatore fascista che sia stato capace di farsi abbattere dall'antiaerea abissina. La misura fu colma anche per fegato e stomaco degli allievi del Miche, abituati ad ingollare di tutto. Mi dicono che durante un'occupazione di inizio millennio il busto fu levato di mezzo e fatto sparire. Così come fu fatta prendere un po' d'aria anche al cervo impagliato esposto in presidenza, levato di lì e portato in piazza d'Azeglio con tanto di proclama ecologista. Sì, perché le scuole superiori fiorentine, nel XXI secolo, sono frequentate da cervi impagliati.
Purtroppo ci siete dentro; e sono cinque anni filati di scuola. Fossero stati di galera avreste almeno potuto sperare nella Gozzini! L'unica cosa è che per fortuna adesso si è diffusa internet, sicché non si deve più dannarsi a giornate intere dietro a un periodo di Isocrate in cui non si capisce uno stracazzo di niente, o pietire la benevolenza del secchione della classe per avere qualche dritta su cosa diavolo c'era da mangiare alla coena trimalchionis.


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